L’affitto di un immobile può generare dubbi sulla possibilità per il proprietario di mantenere la residenza anagrafica nello stesso edificio. La normativa vigente e le diverse casistiche hanno fatto chiarezza. La legge italiana generalmente vieta al proprietario di mantenere la residenza anagrafica in un immobile locato. Sono ammesse eccezioni solo in casi specifici e documentati. Vediamo come funziona.
Cosa si intende per residenza
La residenza, in senso anagrafico, indica il luogo in cui una persona ha la dimora abituale. In altre parole, è il luogo dove una persona vive abitualmente e dove dichiara il proprio domicilio.
La residenza anagrafica è importante per i seguenti motivi:
iscriversi alle liste elettorali;
ricevere la posta;
accedere a servizi sanitari e scolastici;
richiedere documenti d’identità;
pagare le tasse.
Per legge:
la residenza anagrafica non deve coincidere con la residenza fiscale;
è possibile avere una sola residenza anagrafica;
è importante comunicare il cambio di residenza entro 20 giorni dal trasferimento.
Il proprietario può mantenere la residenza in una casa affittata?
In generale, no, proprio perché la legge italiana, in particolare l’articolo 43 del Codice civile stabilisce che la residenza anagrafica debba coincidere con il luogo di dimora abituale. Perciò il proprietario non può mantenere la residenza anagrafica in un immobile locato a terzi, perché non risulterebbe vivere lì, quindi non sarebbe la sua dimora abituale.
Il concetto viene rafforzato ulteriormente con l’articolo 1117 del Codice civile, il quale specifica che il godimento del bene locato spetta al conduttore.
Tuttavia, una Circolare del Ministero dell’Interno numero 9 del 1994, ammette la possibilità di mantenere la residenza solo in casi eccezionali, debitamente motivati e documentati. Vediamo quali.
Quando il proprietario può avere la residenza nella casa affittata
Il Ministero ammette dei casi eccezionali in cui il proprietario di una casa concessa in affitto a terze persone può dichiarare la residenza nello stesso edificio in cui non dimora abitualmente. È possibile quando:
il proprietario conserva un’utenza di fornitura (ad esempio la luce o il gas) intestata a lui;
il proprietario si trasferisce temporaneamente per motivi di lavoro o salute (quindi dimora temporanea);
il proprietario mantiene una stanza nell’immobile locato per uso personale.
Cosa fare se il proprietario non cambia la residenza
Le eccezioni riguardano casi specifici. In generale, il proprietario è tenuto a comunicare il cambio di residenza e ad aggiornare il contratto di locazione. Il conduttore ha il diritto di tutelare i propri diritti verificando la residenza del proprietario e richiedendo la comunicazione del cambio.
Tuttavia la materia può diventare facile oggetto di controversie legali. Pertanto, agli inquilini si consiglia di:
verificare la residenza anagrafica prima di firmare il contratto di locazione;
richiedere al proprietario di comunicare il cambio di residenza al Comune, qualora risultasse residente nello stesso edificio;
contattare un legale per tutelare i propri diritti in caso di dubbi o irregolarità.
Al proprietario, invece, si raccomanda di:
comunicare il cambio di residenza al Comune entro 20 giorni dal trasferimento;
aggiornare il contratto di locazione specificando la deroga alla regola generale.
In caso di falsa dichiarazione, il proprietario rischia una multa con reclusione per il reato di falso in atto pubblico.
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